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La cura

Installation view / 2022 / Misure ambientali
(da sinistra) La cura - Matasse nere II/ ceramica, fili e fil di ferro/ 85x5x6,5cm
La cura – Tronco fasciato/ legno carbonizzato e fili/ 28x61x15,5cm
La cura – Matasse nere I/ ceramica e fili/ 83x10x5,5cm
La cura – Matasse nere III/ ceramica, fili e spago/ 95x5x2,5cm
La cura – Matassa bianca, ceramica/ fili e fil di ferro/ 330x25x25cm

"Nell’opera installativa La cura di Arianna De Nicola una riconciliazione con la distruzione e sparizione della materia diviene fenomenologia poetica della disgregazione, sentimento suturale e catabasi in una interiorità lirica struggente che trova lenimento e purificazione nella contemplazione di un corpo che non è più, ma resiste ancora nel nero di una epidermide lignea arsa e ritualmente cinta, compresa e racchiusa da un conforto di stoffe. La Cura, dal latino arcaico coira, coera - che la tradizione medievista faceva derivare da Quia cor urat: perché scalda il cuore e lo consuma - si fa premurosa dedizione per un’essenza ormai perduta, unendosi ad un vulnerabile perpetuamento affettivo, ad una perseverante gestualità simbolica. Quasi in un’ignizione metaforica, il dolore si assimila e si oltrepassa come compimento ineluttabile e flusso vitale necessario, intimamente congiunto ad una corporeità sottile e fatale, eterica e ancestrale, cerimoniale e sacrificale, inclusa in una trama radicalmente viscerale, sostanzialmente esoterica e trascendente. Tra le fibre tenaci di una discesa mistica gli accenti ceramici sono epifanie ritmiche nate dal calore di una mediazione ignea, misura e relazione di una prossimità tra la materia e lo spirito, tra la sedimentazione minerale e l’innalzamento astrale di una combustione pervasiva e mutativa. Il misterico si nutre dello scarto tessile, della forza creatrice e catartica della fornace, della dissipazione luttuosa e reliquiale contenuta in un’essenza arborea, per farne cicatrice e liberazione, incontro naturale e cultuale nella permanenza di un addio, tra le origini di un sentire primario."
(Estratto dal testo critico "Attraversando un fuoco disseminato e ferace" di Nicoletta Provenzano)